30 anni di sacerdozio… Una vita dentro la mia

Fr. Gianni ci scrive in occasione del suo 30° di Sacerdozio, il 9 ottobre scorso.

È tempo di esami qua in Papua, questa settimana il Grado 10, poi la prossima il Grado 12, quindi il Grado 8. La cosa che accomuna tutti gli studenti è la paura per gli esami, ma c’è una cosa che penso non accada in molti posti: per le prossime 3 settimane dirò almeno 2 messe a settimana per questi studenti di varie scuole e li avrò per la confessione insieme ai loro genitori. Eh, sì, perché il tempo degli esami è anche un tempo di riconciliazione tra i ragazzi e i genitori. Prima di sedersi per gli esami i giovani si confessano e insieme a loro i genitori che vogliono mandare i ragazzi agli esami in pace e chiedono perdono per i loro peccati verso i figli e viceversa. La pace fa miracoli e può anche far passare gli esami, perché no? Loro ci credono, qualche genitore è anche scoppiato a piangere durante la confessione, segno che non è solo un ricorso a Dio in caso di bisogno, ma una convinzione che l’unione fa la forza, e una famiglia unita in questi momenti può fare la differenza anche agli esami. Quando vengono alla Messa poi portano le penne, le matite, il righello, le gomme e i temperini, insomma tutte le “armi” per andare agli esami e chiedono di benedire tutte queste cose. Agli inizi della Chiesa vari scrittori Cristiani dicono che il segno della croce era usato per benedire i vestiti che si indossavano, il cibo che si mangiava, il figlio che partiva, la carrozza coi cavalli, insomma ogni piccola cosa o evento di ogni giornata… beh, qua mi sembra di vivere questi momenti iniziali della Chiesa.                                                                                                               A volte mi viene da ridere per certe cose, per certi modi di fare che hanno, ma questa è fede genuina che a volte al mondo moderno sembra ridicola. Bene-dire, il fatto che nel mondo occidentale non si usi più molto è il segno che il male-dire è diventata la regola che ha fatto perdere la bussola. (Rm12:14)                                                                                     A volte la gente che viene in Papua si chiede perché la gente è così felice, solare. Penso che il segreto sia qui, nel loro modo di mantenere la benedizione dentro la famiglia, che spesso è scassatissima, ma non per questo disunita, quel legame di sangue e di fede che li unisce fa accettare loro tutto con fede e semplicità, anche gli eventi più dolorosi.    E questo porta gioia e forza. Per me aver vissuto qua 29 anni del mio sacerdozio, è un dono grande, altro che studi teologici e spirituali, qua ogni giorno imparo qualcosa e sono felice, perché sono circondato da benedizioni. Alla fine di ogni Messa non manca mai una benedizione speciale per qualche persona in crisi e per oggetti sacri. In che mondo vivo!                                                                                                                        Ultimamente hanno trovato una tribù di Israele in un Villaggio isolato della Papua, con studiosi venuti da Israele per studiarli. Si immedesimano così tanto nelle storie bibliche che credono davvero di esserne parte. Mi ricordo che quando ero a Nuku mi mostrarono un asse vecchissimo dicendo che era un pezzo dell’Arca di Noè! Magari pensano, anzi, senza magari, che io sia uno dei loro avi che è ritornato da loro per svelargli i segreti, visto che ora sono bianco. Molti hanno ancora l’idea dei primi missionari, che arrivavano con carichi di roba, da dove non si sa, e poi pacchi di qua e di là, senza fare troppa fatica, piovevano dal Cielo o arrivavano dal mare. Qual è il segreto?
Questo vogliono sapere: zappare la terra, cacciare di notte, troppo faticoso, il segreto dei bianchi è la cosa migliore, tanto che a Padre Leone gli rubarono un libro dove pensavano ci fossero le istruzioni per avere tutto senza far fatica. E per vari anni lo andavano a trovare per farsi spiegare le cose del libro. Leone era stanchissimo ma si divertiva un mondo!
Adesso comunque, in molte regioni, queste credenze non ci sono più, almeno nelle città e villaggi vicino alla costa. Ma c’è tanta confusione, specialmente trai giovani, su quale sia la verità, chi davvero ascoltare. Sono bombardati da tutte le parti da messaggi, nelle chiese, nelle scuole, sui telefonini, e non si fidano più di nessuno. Nelle mie quattro parrocchie quest’anno abbiamo già avuto vari momenti in cui ho potuto notare quanto desiderio abbiano di sapere la verità. A dicembre avremo ancora altri momenti nell’Avvento, e non aspettano altro. Questo comporta che non solo a parole, ma col mio esempio devo far capire loro che gli voglio bene e che ho cura di loro. Fino a qualche anno fa la missione consisteva più nel camminare da villaggio a villaggio, insegnare l’ABC della fede. Adesso le cose sono diverse da 30 anni fa. La missione è più complicata, la fede ricevuta deve essere purificata da tante storpiature, un po’ come nelle prime comunità paoline, primi falsi profeti, false dottrine, e tante divisioni. Se passano questo momento critico, penso che la loro fede crescerà a dismisura, perché davvero Cristo è tutto per loro.

Che gioia stare in mezzo a loro. Anche se dovessi morire per la fede, penso morirei cantando come San Francesco. Tanto è il bene che ricevo che ogni pena non è un peso.