I missionari sono consapevoli di essere umili tabernacoli di speranza perché nel loro cuore zampilla continuamente quella sorgente che è Dio stesso: è come uno zampillo di acqua fresca capace di dissetare la sete di vita e come una fonte di luce in grado di illuminare il senso dell’esistenza.
La voce dei missionari annuncia la Parola di speranza. “Tu sei tutta la nostra speranza”, esplose san Francesco sul monte della Verna subito dopo aver visto nella sua carne i segni della crocifissione di Gesù. Queste ferite alle mani, ai piedi e al costato del Crocifisso sono state per lui come finestre spalancate sull’eternità, come frutti di carne destinati a durare per sempre. Così gli annunciatori del Vangelo seminano nella carne della concretezza umana questi germi di speranza, semi di paradiso, oltrepassando gli angusti confini del qui e ora.
Porre nei solchi delle culture – anche di quelle più lontane per origini e vicissitudini storiche – la Parola del Vangelo è far germogliare piante, fiori e frutti di speranza, nei quali assaporare lo stesso Figlio di Dio, un tempo seminato nei solchi dell’umanità, allorché si è rivestito della nostra umana fragilità. È lui che sfonda anche il terreno più impenetrabile, irrorandolo con la sua amabilità; lui che spezza la rigidità del tempo e dello spazio, allargandone i confini nell’eternità; lui che dà speranza ai disperati, sostituendo l’angosciante scenario che sta innanzi con l’apertura di cieli azzurri.
L’assunzione da parte del Figlio di Dio di tutta la nostra umanità – fatto che lo ha reso in qualche modo consanguineo di ogni creatura – innalzandola sul legno della croce, seminandola nel buio del sepolcro e infine risuscitandola alla vita eterna, è lo stesso cuore della speranza. È il cuore che intende dare vita alle molteplici culture che non hanno mai ricevuto l’annuncio della Speranza: cuore che pulsa battiti nuovi e propositivi, musica nuova dentro gli spartiti funebri che non conoscono la potenza e la gioia dell’Alleluia, cuore che fa respirare l’ossigeno divino depurando la cultura degli eccessi di anidride carbonica.
I missionari immettono nei popoli l’orologio nuovo dell’ottavo giorno, della settimana sfondata, dei confini abbattuti: quello della risurrezione che è il tempo nuovo della speranza che vince la fine della vita, che con sorella morte viaggia verso il tempo completo, quello di Dio.
I portatori di speranza aiutano a guardare le case come tende provvisorie che anelano alla Casa di Dio, a vivere i rapporti come doni, come celebrazioni liberanti di perdono da dare e da chiedere. Ad ammirare lo scenario della madre terra come canto nel quale percepire la voce di Dio che canta e giubila.
Nel sorriso dei missionari si intravvede la bellezza della speranza che attira verso il bene e il bello… sorriso che a sua volta calamita verso il sorriso-speranza di Dio.
fr. Massimo Tedoldi