fra Tullio Maruzzo e Luis Obdulio – I nostri martiri

Hanno voluto essere la voce della Parola, fino in fondo, per questo sono stati tolti di mezzo. Ammazzati sulla strada di notte, appena conclusa la messa con il gruppo dei Cursillos. I loro nomi sono stati iscritti nell’Albo dei nuovi Beati, il 27 ottobre 2018, con il solenne rito di beatificazione che è avvenuto in Guatemala, a Morales, terra del loro apostolato.

Si tratta del frate minore e sacerdote Tullio Maruzzo, nativo di Lapio, Vicenza, e di Luis Obdulio, francescano laico e catechista, nativo di Quiriguà, luogo del loro martirio.

Sapevano di essere nel mirino del male, di coloro che volevano dominare il popolo, mantenendolo ignorante e totalmente sottomesso e schiavizzato. Ma i francescani
Tullio e Obdulio erano voce di quella Parola che aveva dato la sua vita per proclamare l’uguaglianza dei figli di Dio, fino a morire sulla croce. Predicando il Vangelo di Gesù Cristo, sapevano bene di essere invisi da questi potenti nel male ed erano del tutto coscienti del rischio che correvano, quello di essere eliminati perché scomodi e contrari ai disegni perversi di un egoismo capace di uccidere. Ma non potevano trattenere il grido di ingiustizia che saliva dal loro popolo, annientato nella propria dignità di uomini e donne, onesti lavoratori della terra.
Tullio era partito dall’Italia con quello zelo apostolico che lo portò a voler bene alla sua gente, che conosceva tutta per nome. Il suo senso pratico e il carattere amabile lo avevano portato ad essere accanto a ciascuno e a creare in ogni villaggio quel minimo di strutture per favorire la comunione e la solidarietà. Aveva anche organizzato un
cinematografo e regolari incontri per ascoltare le esigenze di ogni comunità, invitando anche esperti di diritto per far conoscere al popolo i propri diritti. Correva da ogni parte per essere, umilmente, la copia di quel Gesù Cristo che si è dato instancabilmente a tutti, senza alcun risparmio di tempo e di energie. Una bella immagine del buon Pastore è stato fr.Tullio, con l’odore delle pecore addosso, con gli orecchi sintonizzati sulla voce della gente.
Luis Obdulio aveva appena trent’anni quando fu assassinato insieme al missionario. I suoi genitori cercavano di dissuaderlo dall’aiutare fr. Tullio, accompagnandolo nelle
varie stazioni missionarie. Facevano così perché presagivano il peggio. Ma Obdulio rispondeva in questo modo: “Dovessi anche morire insieme a fr. Tullio, per me sarebbe un grande onore!”. Riteneva un onore morire per Cristo e il suo Vangelo. E così avvenne: l’agguato notturno teso ai due che rientravano a casa dopo l’Eucaristia non risparmiò né l’uno né l’altro. Sulla strada il loro sangue si confuse, così come la loro voce che disse le
ultime parole dalla bocca di Tullio: “Vi perdono”. Proprio come un giorno dalla croce: “Padre, perdona loro che non sanno quello che fanno”.

Voce e Parola all’unisono! Era il 1° luglio 1981, l’anno dopo l’assassinio dell’arcivescovo Romero, ucciso a qualche centinaia di chilometri da qui, in Salvador, per gli stessi motivi.

Il Papa li ha proclamati martiri della fede e della giustizia. Dal loro sangue è germogliata una nuova coscienza di cristiani, un nuovo modo di vivere la giustizia sociale e la solidarietà fraterna. Il popolo guatemalteco vive ora la grande festa di vedere il loro sacrificio coronato dall’aureola della santità. In quella luce scrutano come la loro vita, martirizzata dagli operatori di male, alla fine vince sopra ogni ingiustizia. La Parola fatta carne, infatti, sebben crocifissa, è risorta come fondamento di ogni speranza. Nessuno può uccidere questa speranza! È il messaggio dei questi “nostri” beati.